Disclaimer: oggi sono parecchio pensieroso e critico e chi mi conosce, nonostante ultimamente mi sia parecchio ammorbidito, sa quanto io possa essere radicale nei miei giudizi. Pertanto vi avviso che il post che segue sarà probabilmente pieno di parolacce e potrebbe urtare la sensibilità di molti.
Arrivo ieri sera ad Istanbul e mi dirigo coi mezzi pubblici verso l’ostello che ho prenotato con Booking.com durante la notte precedente: pessimo! Piccolo, angusto, con due docce in totale per tutte le stanze. Ok che lo pago 8 euro a notte, ma come si fa a dare 4,5 pallini su 5 su Tripadvisor a sta topaia? Lo so io: ai commenti degli italiani bisogna dare retta solo quando dicono che è lercio, perché per il resto sono un popolo di pecoroni buonisti, pronti a descrivere la m**** come cioccolato solo per non cantare fuori dal coro. Altrimenti non mi spiegherei come quella brodaglia vomitevole del Birrificio L******* possa essere chiamata birra… poi addirittura descritta come ottima (andate a leggere le recensioni su Trip).
Gli italiani sono per la maggior parte mainstream: se la TV gli dice di ficcare la testa nel cesso perché fa figo, loro lo fanno. Se la radio gli dice che il pulcino pio fa tendenza, eccoli tutti a cantare come dei coglioni senza la minima vergogna. Ma vabbè, nulla di nuovo sotto il sole, altrimenti se amassi l’Italia così com’è, probabilmente non sarei qui a Istanbul seduto a scrivere su una panchina davanti alla moschea Blu.
Per quanto riguarda gli stranieri, bisogna fare assolutamente ancora meno affidamento. Primo perché sono capaci di dare un brutto voto a un ristorante perché gli hanno portato un piatto espresso dopo dieci minuti di attesa o perché il cameriere a loro dire li ha guardati male, secondo perché da gente che cammina scalza nei bagni su pavimenti giallognoli e appiccicosi o sulla moquette dell’aereo, non posso certo fare affidamento per quanto riguarda il giudizio sulla pulizia.
Che ci devo fare? Ormai la frittata è fatta. Mi doccio ed esco in cerca di cibarie. Sono nel quartiere di Besiktas, un suk di kebabbari talmente finto da far impallidire il quartiere latino di Parigi. Ma io sono stanco e non voglio allontanarmi: dopo un’ora di peregrinare assillato da camerieri che mi invitano ad entrare, ma non capiscono mezza di parola in inglese, con mia massima disperazione mi siedo in una birreria, tutto tranne che tipicamente turca. Amen, è andata così. C’era una qualche partita di calcio importante, infatti molti locali erano stati trasformati in delle specie di chiese con lo schermo al posto del crocefisso. Solite scene isteriche da popolino.
Per fortuna una chiacchierata al telefono con una cara amica mi rasserena il morale. Parliamo del fatto che nella nostra Italia più ti elevi spiritualmente, più diventi un’isola e della necessità di fare comunità con persone simili.
Tornato quindi in ostello mi sono ritrovato una coppia di barcellonesi in stanza: lei era svenuta sul letto e così ho attaccato bottone con lui, che è praticante psichiatra. Appena me l’ha detto l’ho tirato a male con le mie visioni new age e abbiamo chiacchierato per una mezz’ora buona, per poi addormentarsi tutto felice mentre io cazzeggiavo con l’iPhone, mio inseparabile compagno di viaggio, nonché segretario.
Oggi la storia si ripete per colazione, che non è compresa in ostello. Alla fine mi infilo in un grosso café super turistico che propone un buffet e con l’equivalente di 9 euro mi sfondo di ogni cosa mi capiti a tiro, così sono a posto per colazione, pranzo e merenda e chi s’è visto, s’è visto.
Mi dirigo quindi a fare qualcosa di culturale e mentre vago per Hagia Sophia sento chiamare ‘Brò, Brò’ e mi ritrovo lì lo psichiatra con la squinzia, che nel frattempo è uscita dal coma. Due chiacchiere, ma poi scappo che ho la materia grigia in fermento e devo scrivere prima che dimentico tutto. Ah, a proposito, bella chiesa/moschea, ma non potete farmi pagare un deca l’ingresso, altrimenti noi dovremmo chiedere mezza gamba per il duomo di Milano. Pure lo spagnolo me l’ha fatto notare, visto che l’hanno scorso è stato a San Pietro.


Ok, ora i miei pensieri.
Nella vita si prendono delle decisioni consone ai propri desideri e interessi. Non amo il calcio, non ho la televisione, non ascolto la ‘musica’ delle classifiche, non mangio carne e pesce, non uso detersivi chimici per pulire casa, non compro vestiti alla moda, nè ho un’auto costosa (anzi, non ce l’ho proprio). Se esco a cena spendo un deca dal cinese o al ristorante veg: ho smesso da un po’ con gli aperitivi tossici. Se volessi trovare una ragazza, la vorrei incontrare ad una lezione di yoga o a un sit-in animalista. E quindi? Che ci faccio in questo formicaio?? Preso atto che dopo aver visto un paio di musei/chiese ne ho le palle piene (datemi pure dell’ignorante, ma io amo la musica, l’arte moderna e quella della natura) e shopping non ne faccio, il tutto si riduce a vagare in mezzo a una megalopoli di cemento, persone e street food di dubbia qualità.
Tutto ciò che c’è qui lo si può ritrovare molto più bello e caratteristico fuori di qui. Se poi ci mettiamo che Istanbul è pur sempre in Europa, che ho girato parecchio e che non ha più forti emozioni da darmi. Parlo delle città, ovviamente.
Ok ok, sto un po’ estremizzando il concetto, ma quando sono nella natura e nelle piccole cittadine le emozioni sono completamente diverse, la qualità delle attività umane più alta ed autentica, le persone che incontri più interessanti.
Attenzione: per cittadine intendo gioielli come Santa Barbara, Haarlem, Ubud, non quei posti ignoranti e provinciali come Crema e Monza o quelle dependance per sboroni come Santa Margherita.
Mentre in città trovi comitive moleste di turisti chiassosi, nella natura e comunque nei posti più difficili da raggiungere trovi i viaggiatori e vi assicuro che turista e viaggiatore sono due cose completamente distinte, in cerca di souvenir il primo, di risposte il secondo.
La bellezza degli spazi aperti, della potenza della natura, di un ristorantino tipico scavato nella roccia, di un pancake mangiato in mezzo al bosco, della musica alta mentre vago nelle valli, qui non è uguagliata assolutamente da nulla.
E quindi direte voi? E quindi devo assolutamente regolare il tiro dei miei viaggi e del mio tempo libero in generale.
Se amo Milano è proprio perché è autentica e non turistica e se ceno nelle mie bettole di chinatown, anche se non ci sono finte pagode di plastica come a Londra e Cisco, mi sento quasi fossi in qualche stradina di Shenzhen. Quindi, come sto cercando di focalizzare le mie passioni quando sono a casa, ancor più lo devo fare in viaggio. E allora, ripeto, che ci faccio qui?
Mi devo levare dalla testa l’idea che nella vita si debba vedere tutto. Non è infinita, i soldi sono quelli che sono e di annoiarmi non ne ho voglia. Mi spiace per i tanti di voi che mi hanno detto che amano questa città, ma a me, almeno finora, non ha colpito, come non mi sono piaciute New York, San Francisco, così come Londra non mi sembra il centro del mondo.
Appurato che mi sento a casa quando sono in Asia, ho capito che è lì che devo andare. Probabilmente, questo sarà il mio ultimo viaggio in Europa (poi magari lo dico e non lo faccio, ma ora mi passa di dirlo e me ne fotto).
Devo concentrarmi su ciò che è più affine alla persona che sto diventando e su ciò che mi fa stare bene. E questo vale anche per il posto dove deciderò di andare a vivere quando avrò finito di cazzeggiare.
Ciao, sempre la stessa che ha commentato il post di bkk. Mi sono accanita con te perche pensavo avessi problemi ad aprire gli orizzonti e a smettere di fare il milanese per bene. Invece non ë questo il problema. Il problema é che a te non piacciono le metropoli, mi sembra evidentissimo! Istanbul io l’ho trovata davvero uno spaccato tra est e ovest con basiliche, chiese e moschee, con il richiami alla preghiera, con visi, occhi, espressioni tutte loro, con uno stretto che ricorda il passato ma con la freneticitá della vita moderna. A differenza di bkk é molto piu vivibile perche io avevo hotel a 4 minuti dalla moschea blu e quasi non passavano macchine. Senza dire che lo pagavamo 13 euro in 2 colazione con vista mare inclusa.
Perche continui A cercare le grandi capitali quando invece sei un amante di natura, aria fesca e paesaggi sconfinati? Nessuno ti obbliga no? Infatti ho notato con piacere che anche tu dopo Istanbul hai visitato i camini delle fate.
Consiglio spassionato: evita i grossi centri e informati bene a casa. Io sono fanatica di viaggi, forse troppo… Ma mi studio molto bene a casa il territorio, gli usi e le cose da vedere cosi so gia cosa voglio fare o meno. E in questa maniera non sbaglierai neppure gli hotel
Ciao Susanna, che dire? Hai perfettamente ragione.
Il motivo per cui mi sono accanito a visitare Istanbul è che in passato amavo navigare per queste grandi metropoli (senza contare poi i consigli di mille conoscenti che me ne hanno parlato bene).
Poi la mia vita è completamente cambiata, stravolta (se ti va leggi il “chi sono”) e di conseguenza i miei desideri, ma ancora non avevo realizzato come questo avrebbe potuto riflettersi sui miei viaggi e proprio in questo post cerco di fare il punto della situazione con me stesso.
Una volta vivevo di aperitivi e shopping, ora cerco esclusivamente cibo per l’anima, sia questo yoga, esperienze olistiche, contatto con gli altri, cultura, natura.
Come hai avuto modo di vedere, cerco di fare sempre un gran lavoro di introspezione, non sempre facile e ancora “in progress”, infatti gran parte del blog è dedicata a raccontare il mio percorso, ancor prima dei luoghi che visito.
si ho letto il “chi sono” perchè al di là delle opinioni divergenti su alcuni luoghi mi sei sembrata una persona intelligente, che scrive in italiano corretto (cosa non molto usuale ormai) e che alla fine ha sete come me di vedere, non sa bene cosa trovare ma è sicura che qualcosa si porterà a casa ogni volta… insomma come comporre un puzzle di vita.
Mi sembra strano infatti che non hai captato quel che può affascinare di Istanbul, perchè non è una comune città, non è grande come una metropoli ma non è neppure Oriente… boh forse queste controversie/differenze io le ho trovate accattivanti al punto da lasciarmi trasportare da sapori/odori/colori che ho trovato al gran mercato, dalle architetture assolutamente diverse dalle nostre, dai richiami alla preghiera, dal te buono e dal caffè schifoso e da tutta la storia che racchiude questa Costantinopoli d’altri tempi. Io sono andata anche quando la situazione interna era calmissima, faceva freddo e abbiamo anche trovato la neve.. forse anche questo ha reso la situazione più suggestiva. Ma come dissi per la Thai la cosa che mi porto a casa ogni volta non sono tanto templi, chiese, monumenti o bei paesaggi, ma sono le sensazioni che mi trasmette la gente che incontro! queste cose non me le scordo mai!
Ciao Susanna! Grazie di nuovo per aver condiviso con me i tuoi pensieri.
Facendo così un’analisi a freddo, quasi due mesi dopo, ti direi sicuramente che Istanbul è sicuramente un bel posto da visitare, nonché un affascinante meltin pot di contrasti.
Come hai detto tu, è proprio bello lasciarsi trasportare dalle percezioni dei sensi, anche vagando senza meta tra mercati, bancarelle, strade fuori dalle rotte turistiche.
Il grande errore, di cui mi accorgo solo adesso, è di aver “infilato” questo viaggio a meno di due settimane dal mio rientro da Bali e dal “paradiso” Ubud: ero ancora mentalmente troppo immerso nel mood spirituale dell’isola e dell’Indonesia in generale, che Instanbul, in fondo abbastanza europea, è stata come uno scontro frontale (e Milano prima di lei).
Confermo però la mia repulsione per i formicai: probabilmente se invece di Istanbul i confini cittadini fossero stati quelli di Sultanahmet, avrei sicuramente visto meno, ma avrei apprezzato di più la visita.